E ALLA FINE SULLE FIDEIUSSIONI SCHEMA ABI PARLA IL TRIBUNALE DI MILANO E NON DELUDE

E ALLA FINE SULLE FIDEIUSSIONI SCHEMA ABI PARLA IL TRIBUNALE DI MILANO E NON DELUDE

Commento alla sentenza del Dott. Francesco Ferrari del 23.01.2020

(sentenza consultata dal portale contenzioso-bancario.it)

Il Tribunale di Milano entra nel dettaglio della nullità delle fideiussioni per conformità allo schema ABI, con una sentenza che a ragione, a mio parere, può essere annoverata tra quelle che mettono una pietra miliare in questo dibattito. 

Il Tribunale meneghino è, nel caso specifico, chiamato a decidere un’opposizione a decreto ingiuntivo. Si trattava di garanzia sottoscritta nel 2002.

Anzitutto correttamente viene affermata la competenza a decidere del giudice dell’opposizione, poiché la richiesta spiegata dalla difesa del Garante mirava a paralizzare la domanda di pagamento, senza che fosse stata richiesta – direi in aggiunta – una declaratoria di nullità della fideiussione, che esorbitasse da tale ambito.

Sembrerebbe la classica argomentazione che vede il discrimine tra domanda ed eccezione in senso “formalistico”, tuttavia ci leggo anche un passo ulteriore del Tribunale ossia l’interpretazione della richiesta effettuata dal fideiussore.

Mi pare, a questo proposito, che possa essere il momento di ragionare anche sull’effettiva competenza funzionale del Tribunale antitrust (art. 3 D. lgs 168/2003 come modificato dal D. lgs 3/2017), in considerazione dell’approdo delle SU (sentenza n.11329/2005, ripresa anche da Cass. n.8093/2013), le quali si sono pronunciate in merito alla necessità della sussistenza di un INTERESSE CONCRETO a detto accertamento richiesto con efficacia di giudicato, perché se detto interesse non venisse dedotto, e valutato come sussistente dal Giudice a quo, non si verificherebbe in ogni caso alcuno spostamento di competenza sulla domanda proposta e in relazione alla quale vi fosse competenza per materia inderogabile.

Ritengo quindi che questo aspetto vada ben soppesato dai Giudici dell’opposizione, poiché probabilmente anche in caso di domanda di accertamento della nullità antitrust, non sempre andrà dagli stessi declinata la competenza, dovendosi indagare l’interesse all’accertamento richiesto. Ma questo è un altro discorso e si approfondirà in altra sede.

Richiamata comunque la propria competenza, il Tribunale di Milano sgombra il campo da possibili formalismi in merito all’applicabilità della disciplina antitrust al caso di cui ci occupiamo, ricordando, con le parole della Cassazione, che la disciplina antitrust vada a colpire qualunque comportamento o condotta idonei ad alterare la concorrenzialità e ciò a prescindere dall’esistenza di veri e propri accordi o contratti e richiamando il provvedimento n.55/2005 di BDI in merito all’estensione della sanzione di cui all’art. 2 legge 287/1990 (la nullità) anche alle deliberazioni di un’associazione tra imprese, quale è ABI.

Il poche parole il Tribunale di Milano cassa tutte quelle difese che vogliano non applicabile la sanzione antitrust ad una determinazione di un’associazione di imprese, sul presupposto che una tale fattispecie non potrebbe in concreto considerarsi un cartello tra imprese e cassa anche le difese che vorrebbero altrettanto escludere la protezione antitrust a comportamenti non formalmente contrattuali.

Viene poi sottolineato il fatto che il provvedimento di BDI sia da leggersi quale provvedimento di accertamento, di sanzione e di censura (‘ ha inteso sanzionare ‘ BDI ‘ha sanzionato lo schema contrattuale predisposto da ABI’). Così facendo, quindi, si potrebbe parlare di un reveriment del tribunale meneghino, atteso che in passato lo stesso Tribunale aveva anche negato al predetto provvedimento detta natura sanzionatoria e di accertamento.

Ma Milano va oltre: dichiara esistente il collegamento tra l’intesa (sanzionata con il provvedimento 55/2005) e la fideiussione (precedente, perché sottoscritta nel 2002) sottoposta al suo esame, ritenendo sussistente una solida presunzione in tal senso, nella “semplice” coincidenza del testo contrattuale sottoscritto con il modello schema ABI.

Statuizione importante, peraltro già affermata dalla Cassazione nella sentenza n.13846/2019, ma è il caso di dire “repetita iuvant”.

E se ciò non bastasse il Tribunale compie un altro passo avanti nel dibattito sul tema: viene infatti sottolineato come l’accertamento compiuto dalla BDI nel 2003-2005, essendo stato svolto in un momento in cui il testo ABI 2003 non era stato ancora trasmesso alle associate, e considerata l’identità delle clausole sanzionate con il precedente modello del 1987 (ma io dico fin dal 1964), afferma che non può che desumersene che il gioco della concorrenza fosse stato falsato fin dal momento della precedente diffusione del modello di fideiussione.

La sentenza parla di implicito riconoscimento della portata lesiva della concorrenza già dallo schema contrattuale proposto dall’ABI nel 1987.

In poche parole il Giudice, verificata l’identità delle tre clausole delle fideiussioni fin dal 1987, ha ritenuto che l’accertamento di BDI potesse essere esteso anche alle garanzie sottoscritte prima del 2003.

Un passo coraggioso e corretto di indubbia ricaduta nelle fattispecie concrete, perché apre la strada a contestazioni di nullità anche per il periodo precedente l’accertamento del 2005.

La sentenza poi dedica qualche riga alla nullità da comminare, che propende essere quella parziale (delle 3 clausole), peraltro nel caso specifico sufficiente a liberare il fideiussore.

Per ora è tutto, passo e chiudo.

Avv. Gladys Castellano 

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